Guida ai vini della Borgogna
La Borgogna non è semplicemente una regione vinicola: è un culto, un paradigma assoluto dell’eccellenza enologica mondiale. Situata nel cuore della Francia centro-orientale, è la culla di alcuni dei vini più raffinati, profondi e longevi mai prodotti, nonché patria spirituale di due tra i vitigni più nobili della vitis vinifera: il Pinot Noir per i rossi e lo Chardonnay per i bianchi. La sua struttura geografica è lineare, un sottile nastro che si estende da Digione a nord fino a Mâcon a sud, attraversando una moltitudine di villaggi, colline e parcelle, ognuna con un’identità pedoclimatica unica e irripetibile.
Ciò che rende la Borgogna incomparabile è l’ossessione quasi monastica per il terroir, inteso non solo come combinazione di suolo, clima ed esposizione, ma come filosofia produttiva. Qui ogni ettaro, ogni fila di vite, ogni “climat” (termine autoctono che definisce una microzona vitata con caratteristiche proprie) può produrre un vino radicalmente diverso da quello coltivato a poche decine di metri di distanza. Non esiste luogo al mondo dove il concetto di microterroir sia così avanzato e radicato nella tradizione produttiva quanto in Borgogna.
Fatte queste premesse, addentriamoci in questa regione a dir poco leggendaria.

Mappa del vino, Borgogna
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🏛️ Storia della Borgogna
La storia della viticoltura in Borgogna è una delle più antiche e complesse d’Europa, intrecciata a doppio filo con la storia culturale, religiosa e politica della Francia. Le prime tracce della coltivazione della vite risalgono all’epoca gallo-romana, intorno al I secolo d.C., quando la regione, allora nota come “Gallia Lugdunensis”, iniziò a vedere svilupparsi le prime forme di viticoltura lungo le colline esposte al sole della Saona e dell’Yonne. Fu però durante il Medioevo che la Borgogna assunse un ruolo chiave nel panorama vinicolo europeo, grazie soprattutto al ruolo fondamentale dei monaci benedettini e cistercensi.
A partire dal IX secolo, infatti, fu l’Abbazia di Cluny (fondata nell’anno 910) e, poco dopo, quella di Cîteaux, a codificare un approccio rivoluzionario alla viticoltura: quello del rispetto assoluto del terroir. I monaci iniziarono un’osservazione minuziosa del comportamento delle viti su suoli e pendenze diverse, intuendo per primi che ogni microzona – ogni “climat” – aveva un potenziale unico. Questo studio paziente e sistematico, svolto per secoli, gettò le basi per la classificazione dei vigneti che oggi fa della Borgogna una delle regioni più frammentate ma anche più affascinanti al mondo.
Nel XIII e XIV secolo, sotto il dominio dei Duchi di Borgogna, la regione conobbe un’epoca d’oro. I vini di Beaune, Clos de Vougeot, Montrachet e Romanée-Conti erano già celebrati alle corti di Francia e d’Europa, mentre le grandi famiglie feudali – laiche e religiose – iniziarono ad acquistare e delimitare i migliori appezzamenti, dando origine al mosaico di proprietà che ancora oggi caratterizza il paesaggio borgognone.
Con la Rivoluzione Francese, molti dei beni ecclesiastici – inclusi i vigneti – vennero espropriati e venduti come beni nazionali. Questo frammentò ulteriormente la proprietà delle vigne, creando il sistema di piccoli proprietari che ancora oggi regge l’ossatura produttiva della regione. Da allora, un singolo climat può essere suddiviso tra decine di produttori diversi, ognuno con il proprio stile, le proprie tecniche, la propria interpretazione del medesimo suolo.
Nel XIX secolo, come nel resto d’Europa, la Borgogna fu colpita dalla fillossera, che distrusse la quasi totalità dei vigneti. Seguirono decenni difficili, in cui la qualità dei vini calò sensibilmente. Fu solo nel secondo dopoguerra, e in particolare dagli anni ‘60 e ‘70, che si vide una vera rinascita qualitativa. Un ristretto gruppo di produttori illuminati – come Henri Jayer, il Domaine de la Romanée-Conti e i Lafon – riportò l’attenzione sul lavoro artigianale in vigna, sull’agricoltura sostenibile e sulla vinificazione rispettosa.
Oggi la Borgogna rappresenta un punto di riferimento assoluto per chiunque voglia comprendere cosa significhi davvero produrre vino da terroir. È una regione in cui la storia non è solo un passato da raccontare, ma una responsabilità da onorare ogni giorno, vendemmia dopo vendemmia, bottiglia dopo bottiglia
🌍 Clima e Suoli in Borgogna
La Borgogna è un autentico laboratorio naturale del terroir, dove ogni variazione di suolo, altitudine ed esposizione genera uno stile unico di vino, anche a pochi metri di distanza. Il clima è continentale, con inverni rigidi, primavere imprevedibili, estati calde ma mai estreme e autunni decisivi: una combinazione che regala finezza, acidità e precisione aromatica. Nella Côte de Nuits, il suolo è dominato da calcare duro e marne del Giurassico medio, con pendenze esposte a est che donano al Pinot Noir potenza, struttura e profondità. Scendendo nella Côte de Beaune, il calcare si alterna ad argille rosse e suoli più ricchi, perfetti per lo Chardonnay che qui trova la sua massima espressione tra opulenza e mineralità. La Côte Chalonnaise, più esposta ai venti e leggermente più alta in altitudine, presenta terreni misti calcarei e argillosi, capaci di generare rossi più rustici ma autentici, e bianchi vibranti. Nel Mâconnais, la componente calcarea si accentua, creando vini bianchi ampi, solari e generosi, con una marcata vena minerale. Infine, lo Yonne (Chablis) si distingue per i celebri suoli kimmeridgiani – marne calcaree con fossili marini – che infondono allo Chardonnay una spinta salina, tagliente, quasi marina. In Borgogna, il suolo non è solo un supporto alla vite: è la sua voce, la sua firma, il suo destino.

Kimmerridge, i suoli nella Chablis.
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🍇 Vitigni nella Borgogna
La Borgogna non è la terra della varietà ampelografica: è la terra della fedeltà assoluta a pochi vitigni che, però, riescono a declinarsi in centinaia di modi grazie al legame indissolubile con il terroir. Qui, più che altrove, il vitigno è un mezzo, non un fine. È il tramite con cui il suolo e il microclima si raccontano nel bicchiere.
Il Pinot Noir è il re indiscusso dei rossi borgognoni. Autoctono della regione, è un’uva sottile, fragile, imprevedibile, ma capace – nei luoghi giusti – di raggiungere vette poetiche inarrivabili. Nella Côte de Nuits, suoli calcarei e marne gli regalano complessità, finezza e una tavolozza aromatica che spazia da frutti rossi croccanti, violetta, rosa, agrumi, spezie orientali e incenso, fino a suggestioni terrose e selvatiche con l’evoluzione. È un vitigno che ama l’altitudine e la luce del mattino, teme l’umidità e detesta le forzature. A Gevrey-Chambertin si mostra potente e virile, a Vosne-Romanée è seta pura, a Chambolle-Musigny sfiora l’etereo. Eppure, resta sempre Pinot: un vino che commuove più che impressionare.
Lo Chardonnay, dominatore dei bianchi borgognoni, è l’altra colonna portante della regione. Se nel mondo è spesso grasso e omologato, qui si esprime con una profondità minerale, precisione e grazia impareggiabili. A Chablis, i suoli kimmeridgiani lo rendono affilato e salino, quasi iodato. Nella Côte de Beaune – soprattutto a Meursault, Puligny-Montrachet e Chassagne – assume profili cremosi, tostati, burrosi ma sempre bilanciati da un’acidità spiccata e da una vena gessosa che lo tiene in tensione per decenni.
L’Aligoté, troppo spesso trascurato, è in realtà un vitigno prezioso, soprattutto nel piccolo comune di Bouzeron, dove dà vita a vini bianchi di grande freschezza, acidità vibrante e capacità di accompagnare la cucina più semplice e sapida della regione. Non ha l’opulenza dello Chardonnay, ma può regalare grandissime sorprese nelle mani giuste.
Un cenno, infine, va fatto al raro e antico vitigno César, coltivato principalmente nell’Yonne, vicino ad Irancy, e spesso usato in blend col Pinot Noir per aggiungere colore e struttura. Di origine probabilmente romana, il César è una memoria storica vivente: corposo, speziato, tannico, è quasi un’anomalia in questa terra di eleganza, ma dimostra quanto la Borgogna sappia essere anche sorprendente.

Fisionomia dei vini di Borgogna
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🏷️ Territori nella Borgogna
La Borgogna è un mosaico complesso e millimetrico, fatto di villaggi, climat, lieux-dits, con confini tracciati con la precisione di un orologiaio. È qui che nasce il concetto stesso di “cru” come lo intendiamo oggi: un frammento di terra con caratteristiche uniche, spesso grande quanto un campo da calcio, capace di produrre un vino con personalità inimitabile. Di seguito, analizziamo le sue cinque macro-aree principali.
YONNE
Nel cuore più settentrionale della Borgogna si estende l’Yonne, una terra dove lo Chardonnay regna assoluto e si esprime nella sua forma più pura, affilata e minerale. Chablis è la denominazione più famosa di quest’area, articolata in quattro livelli qualitativi: Petit Chablis, Chablis, Chablis Premier Cru e Chablis Grand Cru. I sette climat del Grand Cru – Les Clos, Valmur, Vaudésir, Preuses, Blanchot, Grenouilles e Bougros – si trovano tutti su una singola collina esposta a sud, dove il suolo Kimmeridgiano, ricco di fossili marini, imprime al vino una spiccata salinità e profondità. I Premier Cru, ben quaranta, sono disseminati lungo il Serein e danno vita a vini straordinariamente longevi e raffinati, tra cui Montée de Tonnerre, Fourchaume e Montmains. Fuori da Chablis, l’Yonne si distingue anche per denominazioni minori ma intriganti: Irancy, dove il Pinot Noir viene talvolta affiancato dal raro e antico vitigno César, per vini rossi più rustici e speziati; Saint-Bris, l’unica AOC della Borgogna dove si coltiva legalmente il Sauvignon Blanc, che qui assume un profilo salino e agrumato; e infine Bourgogne Côte d’Auxerre, Tonnerre e Coulanges-la-Vineuse, piccole realtà in risalita, fedeli all’identità rurale e austera del nord borgognone.
CÔTE D’OR | Côte de Nuits
Salendo lungo la Côte d’Or, si incontra la Côte de Nuits, tempio assoluto del Pinot Noir e patria indiscussa dei più grandi rossi del mondo. Ogni villaggio qui è una leggenda e custodisce, spesso gelosamente, una costellazione di climat capaci di produrre vini unici. Marsannay apre la strada da nord, con l’inusuale autorizzazione a produrre anche rosé; Fixin, a seguire, propone rossi austeri, mentre Gevrey-Chambertin impone subito un salto di qualità con i suoi nove Grand Cru, fra cui Chambertin, Clos de Bèze, Ruchottes e Mazis, interpreti della forza e della materia. Morey-Saint-Denis si pone a metà strada fra potenza e grazia, offrendo meraviglie come Clos de la Roche e Clos Saint-Denis. Chambolle-Musigny, invece, è pura eleganza: i suoi vini, soprattutto quelli provenienti da Musigny e Bonnes-Mares, sembrano fluttuare tra note di violetta e frutti rossi con una levità quasi mistica. Poi c’è Vougeot, dominato dal grande e discusso Clos de Vougeot, 51 ettari di vigneto Grand Cru con stili molto diversi a seconda della parcella. Il viaggio culmina a Vosne-Romanée, dove si tocca l’assoluto. Qui nascono i vini più ricercati e costosi della Borgogna: Romanée-Conti, La Tâche, Richebourg, La Romanée, Romanée Saint-Vivant. A fianco, nel villaggio gemello Flagey-Échézeaux, troviamo anche Grands Échézeaux ed Échézeaux, altre due icone rosse. Infine, Nuits-Saint-Georges, che dà il nome all’intera zona, si distingue per la sua energia terragna e la sua stoffa tannica, con Premier Cru di altissimo livello come Les Saint-Georges o Clos de la Maréchale, senza Grand Cru ufficiali ma con vini che spesso ne superano il rango.

Romanèe Conti, il vigneto più celebre al mondo
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CÔTE D’OR | Côte de Beaune
La parte meridionale della Côte d’Or è la culla dei grandi bianchi borgognoni, ma custodisce anche rossi fini, sensuali e di grande espressività. Aloxe-Corton, ai margini settentrionali, ospita Corton e Corton-Charlemagne, rispettivamente l’unico Grand Cru rosso e uno dei più celebrati Grand Cru bianchi della regione. Beaune, capitale commerciale del vino, propone numerosi Premier Cru eleganti e accessibili, mentre Pommard rappresenta l’anima più rude e terrosa del Pinot Noir, in contrapposizione a Volnay, il villaggio più femminile della Côte de Beaune, noto per la delicatezza dei suoi rossi floreali e setosi. Meursault è una vera istituzione per lo Chardonnay: i suoi bianchi, pur privi di Grand Cru ufficiali, sono spesso equiparabili per qualità, con Premier Cru mitici come Les Perrières e Les Charmes. Ma è a Puligny-Montrachet e Chassagne-Montrachet che si raggiunge la vetta dello Chardonnay mondiale. Da queste colline provengono i Grand Cru più famosi del pianeta, tra cui Montrachet, Chevalier-Montrachet, Bâtard-Montrachet, Bienvenues e Criots. Saint-Aubin, Auxey-Duresses, Monthelie e Savigny-lès-Beaune, con i loro Premier Cru sottovalutati, completano un quadro fatto di biodiversità enologica e di stili che si rispecchiano nel terroir di ogni singolo appezzamento.
MÂCONNAIS
A sud della Côte de Beaune si apre il Mâconnais, una delle aree più vaste e produttive della Borgogna. Qui la viticoltura si fa più solare, le colline più ampie e il carattere dei vini più generoso e accessibile. La star è Pouilly-Fuissé, che negli ultimi anni ha ottenuto il riconoscimento di Premier Cru per 22 dei suoi climat. I vini sono ampi, fruttati, strutturati, con una mineralità che sa di pietra scaldata dal sole. Intorno, denominazioni come Saint-Véran, Viré-Clessé, Pouilly-Loché e Pouilly-Vinzelles danno vita a Chardonnay di stile più immediato, ma sempre definiti, vibranti e legati ai suoli calcarei che definiscono la zona. Il Mâconnais rappresenta l’anello di congiunzione tra la raffinatezza borgognona e l’energia del sud, ed è oggi una delle aree più attive dal punto di vista della viticoltura biologica e biodinamica, grazie a produttori ambiziosi come Olivier Merlin e Guffens-Heynen.
CÔTE CHALONAISE
Stretta tra la maestosità della Côte d’Or e il respiro ampio del Mâconnais, la Côte Chalonnaise è la grande outsider della Borgogna. Ancora poco sotto i riflettori rispetto alle sue sorelle maggiori, propone una gamma interessante di villaggi capaci di coniugare territorialità e bevibilità a un prezzo contenuto. Rully è celebre per i suoi bianchi freschi e i Crémant di ottima fattura; Mercurey, il più esteso dei villaggi, offre rossi speziati e consistenti, soprattutto dai Premier Cru. Givry, terra rossa e compatta, è un santuario per il Pinot Noir più franco e diretto. Montagny, al contrario, è votata ai bianchi da Chardonnay, con un profilo teso e agrumato. Bouzeron, infine, è l’unica denominazione dedicata interamente all’Aligoté, e produce bianchi vivaci, salini, che rappresentano la freschezza più disarmante del patrimonio ampelografico borgognone. La Côte Chalonnaise è una Borgogna “minore” solo sulla carta, perché nei bicchieri, se ben scelta, sa sorprendere con autenticità, grinta e precisione

I colori della Côte Chalonnaise
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🍽️ Cultura Gastronomica in Borgogna
La Borgogna non è solo un tempio del vino, è anche una delle capitali gastronomiche di Francia. Le sue tavole raccontano la storia agricola, contadina e borghese di un territorio che ha fatto della cucina del terroir una forma d’arte. Qui, ogni piatto è concepito come complemento naturale del vino: nulla è eccessivo, nulla è lasciato al caso. La gastronomia borgognona è una celebrazione della materia prima locale, della lentezza, delle tecniche tradizionali e della precisione gustativa.
Uno dei piatti simbolo è senza dubbio il Boeuf Bourguignon, lo spezzatino di manzo cotto lentamente nel vino rosso (ovviamente Pinot Noir), con carote, cipolline, funghi e pancetta. È una preparazione che racchiude tutta l’essenza del territorio: il legame con l’allevamento, l’importanza del vino in cucina, l’amore per la cottura lenta e avvolgente. Questo piatto trova il suo partner ideale in un Pinot della Côte de Nuits o di Beaune, magari un Premier Cru con un paio d’anni sulle spalle, capace di specchiare la struttura della carne con la sua eleganza.
Altro classico intramontabile è il Coq au Vin, tradizionalmente preparato con un gallo marinato e stufato nel vino rosso, anche se in alcune zone si preferisce il bianco. L’uso del vino nella cucina borgognona è così radicato che diventa ingrediente quasi sacro, alla stregua dell’olio in Italia. Il coq au vin è rustico ma nobile, e dà il meglio di sé accanto a un rosso giovane e speziato, come un Mercurey o un Givry.
Tra le specialità più raffinate troviamo anche l’Œuf en Meurette, uovo in camicia servito con una riduzione di vino rosso, pancetta, funghi e cipolla. Un piatto che sa essere tanto sofisticato quanto avvolgente, capace di incantare in abbinamento con un Pinot Noir floreale e croccante, anche di media struttura.
La Borgogna eccelle anche nei formaggi, molti dei quali DOP e prodotti ancora artigianalmente. Il più celebre è il Époisses de Bourgogne, un formaggio a crosta lavata affinato con marc de Bourgogne (acquavite locale), dal gusto potente, pungente e penetrante. Un Époisses ben stagionato ha bisogno di un vino che non lo soffochi: la scelta ideale è un bianco potente e maturo, come un Meursault o un Corton-Charlemagne, che riescano ad avvolgere la cremosità e la salinità del formaggio. Altri formaggi notevoli sono il Chaource, il Soumaintrain e il Brillat-Savarin, perfetti con Chardonnay più freschi o con un bel Crémant de Bourgogne.
Tra i salumi tipici spiccano il Jambon persillé, un prosciutto in gelatina con prezzemolo, servito freddo, e i saucisson sec aromatizzati al vino o al brandy. Il foie gras non è esclusiva del Sud-Ovest: anche in Borgogna si lavora, con qualità e finezza, soprattutto nei ristoranti stellati della zona di Beaune e Dijon.
E poi ci sono le lumache di Borgogna, un’istituzione. Le Escargots à la Bourguignonne sono cucinate con burro all’aglio, prezzemolo e scalogno, servite spesso come entrée nei bistrò più autentici. Il piatto richiede un bianco teso e minerale, come uno Chablis Premier Cru o un Saint-Aubin.
Anche i dolci hanno un ruolo di tutto rispetto. La gougère, pasta choux al formaggio tipica degli aperitivi borgognoni, si abbina splendidamente con uno spumante locale; la poire au vin (pere al vino rosso) e la tarte aux myrtilles sono dessert deliziosi, pensati per chiudere un pasto in bellezza. Per finire, non possiamo dimenticare il pain d’épices di Dijon, un pane dolce e speziato che richiama le atmosfere natalizie e si accompagna bene con i bianchi più dolci o con un vino ossidativo come il Vin Jaune del vicino Jura.

Boeuf Bourguignon, una delizia Made in Borgogna
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🍷 Cantine Cult in Borgogna
Domaine de la Romanée-Conti (Vosne-Romanée)
Icona assoluta del vino mondiale, la Romanée-Conti – affettuosamente abbreviata in “DRC” – è molto più di un domaine: è un mito vivente. I suoi 9 Grand Cru, tra cui La Tâche, Richebourg, Romanée-St-Vivant, Echézeaux e l’immortale Romanée-Conti, sono tra le espressioni più pure e raffinate del Pinot Noir. I vini sono prodotti in quantità limitatissime e lavorati secondo una filosofia biodinamica, con rese bassissime e una cura maniacale della vigna. In cantina, vinificazioni parcellari e affinamenti lunghi in barrique fanno emergere l’identità unica di ogni cru. Prezzi da capogiro, bottiglie leggendariamente inaccessibili: eppure, chi ha avuto la fortuna di assaggiarli, parla di un’esperienza spirituale.
Domaine Leroy (Vosne-Romanée)
Se esiste un nome che può rivaleggiare con la DRC in termini di culto e prestigio, è Lalou Bize-Leroy, figura mitologica dell’enologia francese. Già co-gerente di DRC fino agli anni ’90, ha poi concentrato la sua visione estrema nel Domaine Leroy: agricoltura biodinamica integrale, nessun compromesso, bassissime rese, massima attenzione alla vitalità del suolo. I suoi vini – specialmente quelli provenienti da Richebourg, Musigny, Clos de la Roche e Romanée-Saint-Vivant – sono pura energia liquida: concentrati, eterei, tridimensionali. Veri e propri oggetti di culto per collezionisti.
Domaine Armand Rousseau (Gevrey-Chambertin)
Un riferimento per la Côte de Nuits e per il Pinot Noir in senso assoluto. Rousseau ha contribuito a costruire il mito dei Grand Cru di Gevrey-Chambertin, come Clos de Bèze, Chambertin, Charmes-Chambertin e il leggendario Clos Saint Jacques (considerato da molti un Grand Cru “morale”). I vini di Rousseau sono classicamente borgognoni: equilibrio perfetto tra potenza ed eleganza, con una capacità di invecchiamento che può superare i 40 anni.
Domaine Georges Roumier (Chambolle-Musigny)
Se Chambolle-Musigny è sinonimo di grazia e raffinatezza, Roumier è l’ambasciatore per eccellenza. I suoi Bonnes Mares, Musigny, Les Amoureuses e Corton-Charlemagne sono autentici capolavori. Lo stile è fatto di precisione, trasparenza, tannini cesellati, profondità senza peso. Christophe Roumier guida oggi il domaine con un equilibrio raro tra rispetto della tradizione e modernità colta.
Domaine Méo-Camuzet (Vosne-Romanée)
Un domaine dallo stile inconfondibile, denso e carnoso, che riesce ad armonizzare potenza e grazia. I cru di punta – come Richebourg, Clos de Vougeot, Corton e il celebre Premier Cru Cros Parantoux (reso immortale da Henri Jayer, che ne vinificò le prime versioni proprio per Méo) – rappresentano l’eccellenza del Pinot Noir. Jean-Nicolas Méo ha saputo modernizzare il domaine mantenendo una matrice classica e una grande attenzione alla parcella.

Meo Camuzet, leggenda a Vosne Romanèe
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Domaine Comte Georges de Vogüé (Chambolle-Musigny)
Detentore della gran parte del vigneto Musigny, oltre a parcelle importanti di Bonnes Mares e Les Amoureuses, il Domaine de Vogüé è una vera istituzione. I suoi vini, austeri da giovani ma incredibilmente longevi, sono studiati per la vetta: una combinazione di verticalità, intensità aromatica e purezza che incarna lo spirito della Borgogna più aristocratica.
Domaine Leflaive (Puligny-Montrachet)
Se si parla di Chardonnay borgognone, il primo nome a venire in mente è Leflaive. Questo storico domaine, pioniere della biodinamica nella Côte de Beaune, produce i più grandi bianchi secchi del mondo. Puligny-Montrachet Les Pucelles, Chevalier-Montrachet, Bâtard-Montrachet e Montrachet sono espressioni epiche dello Chardonnay: salini, stratificati, profondi, con una longevità impensabile per un bianco.
Domaine Roulot (Meursault)
Jean-Marc Roulot è diventato in pochi anni una vera leggenda. Attore nella sua prima vita, è oggi uno dei più ispirati artigiani della Borgogna. I suoi Meursault Premier Cru (Les Perrières, Les Charmes, Les Genevrières) sono scolpiti nella roccia, di una verticalità e di una mineralità mozzafiato. I bianchi di Roulot sono considerati il modello della nuova eleganza borgognona: austeri, precisi, intensamente territoriali.
Domaine François Raveneau (Chablis)
Spostandoci nello Yonne, a Chablis, incontriamo la leggenda assoluta della zona: Raveneau. I suoi Chablis Grand Cru – Les Clos, Valmur, Blanchot, Montee de Tonnerre (Premier Cru) – sono benchmark mondiali di finezza minerale. Qui lo Chardonnay assume sfumature marittime, quasi salmastre, accompagnate da una tensione e un’energia che attraversano il palato come un raggio. Raveneau non ha rivali: è Chablis all’ennesima potenza.

Domaine François Raveneau, istituzione nella Chablis
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Domaine A. & P. de Villaine (Bouzeron, Côte Chalonnaise)
A capo del domaine c’è Aubert de Villaine, co-direttore della Romanée-Conti. In questo piccolo villaggio della Côte Chalonnaise ha dedicato la sua vita alla valorizzazione dell’Aligoté, vitigno spesso trascurato. I suoi Bouzeron sono vibranti, tesi, agrumati e sorprendenti per finezza. Anche i Pinot Noir sono delicati e impeccabili, dimostrando quanto la Côte Chalonnaise possa esprimere eleganza quando lavorata con intelligenza e rispetto.
Domaine Guffens-Heynen (Vergisson, Mâconnais)
Nel cuore del Mâconnais, vicino a Pouilly-Fuissé, questo piccolo domaine produce alcuni dei Chardonnay più sorprendenti di Francia. Jean-Marie Guffens, belga di nascita ma borgognone per vocazione, lavora con uno stile che unisce la ricchezza solare del sud con una tensione e una precisione raramente viste. I suoi bianchi – spesso provenienti da vigne di altitudine e terreni calcarei puri – sono concentrati ma salini, capaci di reggere il confronto con i grandi della Côte de Beaune, a un prezzo ancora “umano”.
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