Qual era la concezione che Papa Francesco aveva del vino?
Per Papa Francesco, il vino non è mai stato solo una bevanda. È stato simbolo, linguaggio, metafora. Un elemento capace di parlare alla dimensione più umana e insieme più spirituale dell’esistenza. Nei suoi dodici anni di pontificato (2013–2025), Jorge Mario Bergoglio ha più volte fatto riferimento al vino come segno di gioia, condivisione e attesa, portando con sé una concezione profondamente radicata nella Bibbia, nella cultura contadina e nel vissuto personale.

Papa Francesco
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Il vino come gioia dell’uomo e riflesso del divino
“Ricordate le nozze di Cana?” diceva spesso Francesco. Non era solo un richiamo al primo miracolo di Gesù, ma a ciò che quel gesto simboleggiava: l’affermazione che Dio è presente nelle feste, nei momenti di gioia, nei riti quotidiani della vita. “Senza vino non c’è festa”, affermò una volta con il suo tipico sorriso ironico. Non una provocazione, ma una dichiarazione teologica, umana, concreta.
Il vino, nella sua visione, era uno dei doni più eloquenti del Creato. Un frutto della terra che, se rispettato, può diventare linguaggio di comunione, bellezza e gratitudine. Non eccesso, non fuga, ma segno di una presenza: quella della “gioia evangelica” che tanto ha marcato il suo modo di parlare al mondo.
La concezione che Papa Francesco aveva del vino era anche profondamente legata a un’etica del lavoro e dell’ambiente. Durante un incontro con i viticoltori di Vinitaly, ribadì che la vite – così centrale nella narrazione biblica – rappresenta un esempio di equilibrio tra tempo, rispetto e responsabilità. “Guardate l’agricoltore”, disse citando la Lettera di Giacomo, “egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra”. Per Francesco, il vino era anche un’esortazione alla morigeratezza, all’attesa, alla capacità di sottrarsi alla voracità di un mondo sempre più consumistico.
Nel mondo del vino vedeva quindi una metafora educativa: coltivare una vigna significa accettare i tempi lunghi, l’imprevedibilità del clima, la fatica. E in tutto questo, riconoscere il valore del limite.
Progetto ” Borgo Laudato Si “
La visione del vino di Papa Francesco ha preso forma concreta in uno dei suoi progetti più ambiziosi: Borgo Laudato Si’, alle porte di Castel Gandolfo. Qui, in un terreno di oltre 50 ettari, si sta costruendo una fattoria solidale ed ecologica dove il vino sarà al centro di un processo educativo, produttivo e spirituale.
Solo pochi ettari sono stati finora impiantati, ma il concetto è già chiaro: varietà resistenti, attenzione alla biodiversità, coinvolgimento di persone fragili e formazione per i giovani. Il vino che nascerà qui non sarà solo “buono”, ma anche giusto, sostenibile, universale. Un vino che rappresenta un’idea di Chiesa “in uscita”, vicina alla terra e ai suoi tempi, alle sue ferite e alle sue promesse.
Non è un caso che nel suo stemma papale abbia voluto inserire un grappolo d’uva: per lui, il vino era anche legame con le proprie origini. Il nonno, emigrato da Portacomaro (AT), lavorava nelle vigne. Proprio lì, nel Monferrato, è nata la “Vigna del Papa”, che ha dato vita a un Grignolino chiamato “Laudato Sì”, in onore dell’Enciclica ecologica del 2015.
In una visita storica del 2022, Francesco tornò in quella terra per incontrare sua cugina e visitare la piccola vigna impiantata proprio nei giorni del Conclave del 2013. Un gesto simbolico, ma anche profondamente personale: il vino come ponte tra memoria e futuro.
Il vino per tutti: etica, accessibilità e spiritualità
Papa Francesco non ha mai nascosto il suo apprezzamento per il vino – né, con garbata trasparenza, per lo Scotch o addirittura per il prestigioso bourbon Pappy Van Winkle. Ma più della passione personale, è il suo messaggio universale a colpire: il vino è un dono da condividere, non un lusso da ostentare.
Nel corso di un recente incontro in Vaticano, intitolato “L’Economia di San Francesco e il mondo del vino italiano”, il Pontefice ha ribadito il suo invito a sostenere una cultura del vino più inclusiva, più etica e più rispettosa. Davanti a oltre cento rappresentanti del settore, ha sottolineato che “il vino, la terra, le competenze agricole e l’intraprendenza sono doni di Dio”, ma che questi vanno custoditi con cura e responsabilità. Contro le derive industriali e l’approccio puramente tecnico, Francesco ha offerto una visione più umana e profonda: “La terra, i vigneti, i processi di coltivazione, fermentazione e affinamento richiedono costanza, attenzione e pazienza”. Una visione che richiama ancora una volta a una sorta di spiritualità agricola: fatta di lentezza, di rispetto, di equilibri naturali.
In un mondo del vino talvolta percepito come elitario, le parole del Papa suonano come un invito potente a riscoprire l’essenza della convivialità. Un invito a costruire ponti, non recinti. Perché – per dirla con le parole del presidente di Veronafiere, Federico Bricolo – “il vino continua a essere un elemento di coesione sociale e di dialogo aperto”. Ed è proprio in questo spirito che Papa Francesco ha fatto del vino non solo un simbolo biblico, ma anche uno strumento di incontro tra persone, culture e generazioni.
Conclusione
La concezione che Papa Francesco aveva del vino era una sintesi rara e che poneva le sue radici nel passato: contadina e spirituale, personale e universale. Un segno della terra che parla al cielo, e viceversa. Un nutrimento dell’anima, non solo del corpo.
Nel mondo della sommellerie, dove la tecnica spesso prevale sull’aspetto simbolico, la visione di Francesco è un invito potente: bere (e servire) vino non è solo una questione di gusto. È un gesto di cultura, cura, relazione. E, se fatto con consapevolezza, può diventare anche una forma di preghiera laica.