Guida rapida ed esaustiva alla scelta del vino al supermercato
C’è un errore comune quando si parla di vino: pensare che l’unico luogo legittimo per trovarlo sia l’enoteca di fiducia. Come se la qualità avesse bisogno di cornici in legno massello e silenzi da biblioteca. Eppure, ogni giorno milioni di bottiglie passano tra le corsie dei supermercati. Ed è lì che una parte interessante del futuro del vino si sta giocando.
Con Become Somm, esploriamo un nuovo approccio: consapevole, strategico, inclusivo. Perché il vino quotidiano non deve essere banale. Anzi, può essere la base di una cultura enologica più accessibile e al tempo stesso più colta. Un approfondimento ispirato alle esperienze di sommelier e importatori, con il nostro punto di vista editoriale sulla scelta mirata del vino all’interno dei supermercati di tutto il mondo.

Il vino al supermercato | Photocredits © Become Somm
La rivoluzione inizia dal carrello
Nessuna sorpresa: anche i professionisti del vino comprano al supermercato. Ma lo fanno in modo completamente diverso da chi si affida al “rosso in offerta” o alla bottiglia con l’etichetta più elaborata.
Il primo consiglio? Non scegliere solo per vitigno.
Chi è abituato a cercare “il solito Sauvignon Blanc” rischia di perdersi grandi vini semplicemente perché guarda la bottiglia, e non la zona. I veri esperti ragionano per territori e microclimi.
La varietà è importante, ma il contesto è tutto. Nei nostri canali insegniamo a chi ci segue di partire dalla geografia, non dal nome stampato sul fronte. La Spagna, il Sud Italia, il Languedoc sono miniere di valore. Il supermercato, se letto correttamente, può diventare una mappa per curiosi esploratori.
L’importanza del “fuori menù“
Le sezioni chiamate “altri rossi” o “internazionali” nascondono spesso piccole sorprese. Blend portoghesi, Syrah da climi freschi oppure Shiraz da temperature più calde e afose, autoctoni non previsti dal mercato locale ma curati con passione. Queste categorie marginali rappresentano il luogo dove può emergere la creatività del buyer o l’intuizione dell’importatore. È lì che si scoprono vini con carattere, spesso sottovalutati solo perché non sono “in trend”. Ed è anche il miglior modo per educare il proprio gusto, al di fuori delle etichette più gettonate.
Ogni persona che si approccia al mondo del vino deve dotarsi di una mentalità piuttosto aperta, di un approccio propositivo orientato alla curiosità, è così che ci si innamora di chicche sconosciute prima della grande scoperta.
Fidati dell’umano, non del cartellino
La “scelta dello staff” o i punteggi appesi allo scaffale sono spesso marketing travestito, sopratutto negli ultimi tempi, dove le aziende che hanno grandi disponibilità economiche può permettersi maggiore risonanza e consenso da parte dei critici internazionali. Ma se trovi un addetto al reparto vino appassionato e informato, ascoltalo. Parlare di vino è ancora il miglior modo per capirlo.
Nel nostro metodo, la relazione è centrale. Anche nella grande distribuzione. Chi lavora in quei reparti, se motivato, può diventare un alleato nella tua esplorazione. Parlare, domandare, descrivere ciò che si cerca è un gesto di intelligenza enologica. La degustazione comincia dalla conversazione e, ultimamente, i reparti vini dei supermercati si stanno attrezzando con personale formato e interessante.
Locale è meglio. Ma non sempre è valorizzato
Un’altra strategia intelligente? Scegliere vini del territorio dove ci si trova. Meno passaggi, più freschezza, migliore rapporto qualità-prezzo. Ma attenzione: non è detto che siano messi in evidenza sugli scaffali. Serve cercarli e questo è il motivo per cui potresti passare gran parte del tuo tempo all’interno di questi corridoi.
Un vino locale ha valore se racconta una storia vera. In California come in Toscana, in Galizia come a Mendoza. Ma deve essere posizionato con consapevolezza. Per questo chi comunica vino — anche al supermercato — ha il dovere di selezionare, spiegare e motivare. È lì che si gioca il futuro del retail enologico.
Il posizionamento conta
La posizione di una bottiglia nello scaffale non è casuale. È il risultato di accordi, marketing e strategia di vendita. I vini che si trovano all’altezza degli occhi sono quelli scelti per attirare l’attenzione immediata: facili da prendere, facili da vendere. Sono spesso etichette supportate da promozioni attive o da margini più vantaggiosi per la distribuzione. Il supermercato li mette lì perché tu li veda per primo, e magari smetta di cercare. Salendo ancora, trovi bottiglie che vogliono comunicare un’idea di premium: vetri pesanti, capsule dorate, etichette studiate. Ma non sempre ciò che brilla in alto merita lo scaffale.
Poi c’è il basso. Dove pochi si chinano, dove le etichette sembrano quasi voler restare in ombra. È lì che si nasconde la parte più interessante dell’offerta. Piccoli produttori, denominazioni non alla moda, vini autentici che non pagano per la visibilità ma spesso restituiscono un sorso molto più onesto. Cercarli richiede curiosità, attenzione, e un pizzico di umiltà. Ma una volta che li trovi, difficilmente torni indietro.
Conclusione
Il vino da supermercato non è una categoria di serie B, ma un campo d’allenamento perfetto per chi vuole sviluppare un gusto consapevole, curioso e indipendente. Come avrete potuto constatare con questo articolo, un supermercato ti può offrire una serie di vantaggi inestimabili nell’acquisto di una bottiglia. Leggere tra le righe di uno scaffale — capirne le dinamiche, riconoscere le logiche di marketing, cercare le bottiglie che non gridano ma parlano — è un’abilità che separa il semplice acquirente dal vero appassionato. In un mondo che premia l’estetica, il branding e la velocità, scegliere bene significa rallentare, osservare e farsi domande. Il supermercato può essere il tuo laboratorio di esplorazione quotidiana, il luogo dove impari a riconoscere non solo cosa ti piace, ma perché ti piace. E questa è forse la forma più autentica di cultura del vino: saper scegliere anche quando nessuno ti sta guardando.