Chi era esattamente Dom Perignon?
Quando si parla di Champagne, il nome Dom Pérignon è uno dei primi a emergere. Ma oltre all’etichetta di una delle cuvée più prestigiose al mondo, chi era davvero Dom Pierre Pérignon? La risposta è semplice e sorprendente: un monaco. Un benedettino che ha trascorso la propria vita non alla ricerca del lusso, ma della precisione.
Nato nel 1638 in una famiglia numerosa nella regione della Champagne, Dom Pérignon cresce a contatto con la vigna. Studia in collegio gesuita e in seguito si stabilisce nell’abbazia benedettina di Hautvillers, dove diventa responsabile della cantina. È lì che avvia un processo di perfezionamento che, ancora oggi, influenza il modo in cui produciamo (e pensiamo) lo Champagne.

Dom Perignon |
Photocredits © Avvenire
Metodo prima del mito
Dom Pérignon non ha inventato le bollicine. Né ha introdotto il tappo di sughero, come alcuni sostengono. Ma è innegabile che il suo approccio abbia segnato un punto di svolta. In un’epoca in cui la rifermentazione in bottiglia era considerata un difetto — e spesso causa di esplosioni in cantina — Dom Pérignon cerca soluzioni pratiche per evitare il problema: ridurre le rese, vendemmiare in condizioni fresche, selezionare solo uve sane, vinificare in modo naturale. Introduce anche un’idea oggi centrale nel mondo del vino: la miscelazione ragionata delle uve per ottenere equilibrio e complessità.
Il suo lavoro non è frutto dell’intuizione di un momento, ma di un percorso fatto di osservazione, studio e affinamento continuo. È questo approccio che pone le basi per la méthode champenoise, ancora oggi alla base della produzione di Champagne.
Il punto di vista di Become Somm
Dom Pérignon rappresenta una figura centrale non per l’invenzione, ma per l’innovazione. Il suo metodo ha permesso di trasformare un imprevisto enologico in una tecnica di eccellenza. È il simbolo di una cultura del vino che nasce dalla competenza, dal rigore e dalla capacità di guardare oltre le convenzioni dell’epoca.
In un momento storico in cui si parla molto di storytelling, sostenibilità e artigianalità, riscoprire figure come quella di Dom Pérignon significa anche riconnettersi con una visione del vino come ricerca continua e miglioramento del processo, non solo del prodotto finale.
Oggi, quella stessa abbazia in cui lavorava è il luogo di produzione della cuvée Dom Pérignon, firmata Moët & Chandon. Un legame simbolico, che richiama l’origine di tutto: non un’operazione di marketing, ma il riconoscimento di una figura che ha trasformato una tradizione in metodo, e il metodo in eredità.
Ancora oggi, il contributo di Dom Pérignon viene riconosciuto attraverso la cuvée che porta il suo nome, prodotta da Moët & Chandon. Non è solo un omaggio simbolico: è un modo per mantenere vivo il legame con l’abbazia di Hautvillers, luogo in cui il monaco ha dedicato la propria vita a osservare, sperimentare e affinare pratiche che hanno segnato la storia dello Champagne. E a proposito dell’abbazia di Hautvillers, ve la mostriamo qui sotto in tutto il suo splendore, con una bellissima visuale esterna della struttura.

Abbazia di Hautvillers |
Photocredits © Union des Maisons de Champagne